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Neologismi, prestiti e parole straniere

By Maria Antonietta Ricagno | Published  11/12/2011 | Italian | Recommendation:RateSecARateSecARateSecARateSecARateSecA
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Quicklink: http://pol.proz.com/doc/3421
Il concetto di neologismo fa riferimento all'introduzione di parole nuove in una lingua. Per approfondire l'argomento, analizziamo le cause e gli sviluppi del mutamento linguistico, mediante il quale le lingue si evolvono di continuo.
Spesso, i mutamenti linguistici rappresentano uno sforzo di adesione della lingua, che deve mutare in conseguenza di nuove condizioni, alle quale deve adeguarsi. A volte, il significato delle parole resta immutato (ad es., casa, penna), mentre altre volte entrano a far parte della lingua, anche violentemente, dei neologismi. Accade spesso che essi invadano la sfera della grammatica, operando un atto di forza
- l'uomo è stato sparato
invece che:
- l'uomo è stato colpito da uno sparo
La sopravvivenza di queste innovazioni dipende dall'uso che di esse si fa. Se entrano nel codice, sono adottate da tutti i parlanti e acquistano lo status di termini facenti parte la lingua in questione.
Al contrario, capita che alcune parole si impoveriscano, molto spesso a livello semantico. È il caso della parola carità, che un tempo era la caritas cristiana, che infondeva fervore totale, con connotazioni quasi divine e ispirate, mentre oggi la troviamo nell'espressione fare la carità, in cui l'uso del verbo fare - il più generico possibile - sottolinea la perdita di profondità semantica.
Occorre sottolineare l'importanza dell'aspetto conflittuale della lingua, sia tra questa e il mondo sia tra una lingua e l'altra. È proprio questo il vero limite alla diffusione dei neologismi: spesso non riveste tanta importanza la distanza dal centro di irradiazione della parola nuova, quanto la resistenza opposta dai parlanti di altri centri linguistici, che non accettano l'introduzione del nuovo termine. Questo concetto è proprio della linguistica storica, che vede il parlante divenire il protagonista, sebbene non tanto in senso idealistico come creatore di forme nuove, quanto di parlante coercizzato, in continua pressione tra bisogno di innovazione e norma linguistica preesistente. A volte, il parlante è sopraffatto dalla norma, mentre poche altre volte riesce a imporsi con le sue innovazioni. Tale conflittualità si esprime pertanto nella non linearità del mutamento linguistico, che è influenzato da cause sociali, storiche ecc.
Parimenti, la conflittualità è determinata da un fattore importantissimo: il prestigio, cioè quella caratteristica che in un determinato momento acquistano una lingua o un dialetto o un modo di dire allorché diventano un modello, imponendosi sugli altri. Questo è il motivo per cui una lingua, fino a un certo momento dialetto, diventa lingua nazionale: gli esempi sono numerosi e vanno dal dialetto fiorentino per l'Italia al dialetto della Turingia per la Germania, diventato il tedesco ufficiale dopo la traduzione della Bibbia ad opera di Lutero. Nel caso del latino, era anch'esso uno dei tanti dialetti parlati nel Lazio e diventato lingua dell'Impero grazie al prestigio politico di cui è stato investito con l'ascesa al potere di Roma. In Francia, muore il provenzale e ascende a lingua nazionale il dialetto dei Capetingi, dopo la conquista di Parigi di Ugo Capeto; in Inghilterra, abbiamo il dialetto di Londra, in Spagna il castigliano e così via.
Degno di nota è il fatto che lingue artificiali come l'esperanto non hanno fatto presa, in quanto non sono lingue vitali, come quelle naturali, che vivono e si trasformano grazie all'uso.
Strettamente legati al concetto di prestigio sono la coesione e la vitalità: più una lingua ha prestigio, più è coesa e quindi vitale. Allorché essa perde la sua coesione, resta più esposta all'influsso esterno e quindi si evolve più rapidamente, arricchendosi di termini nuovi, anche grazie alla permeabilità, altro aspetto proprio delle lingue, sia letterarie sia parlate.
Agganciandoci a quest'ultimo concetto di permeabilità della lingua, esaminiamo ora il significato di parola straniera e prestito, due termini che designano categorie diverse di elementi nonautoctoni di una lingua. Per parola straniera intendiamo un elemento lessicale che, in un determinato momento, è percepito come non indigeno, estraneo, poiché non conforme alle norme fonematiche di una lingua. Invece, il prestito designa una parola che in fasi anteriori dell'evoluzione di una lingua era percepito come parola straniera ma che in seguito è stata assimilata, andando a far parte del patrimonio lessicale autoctono. Pertanto, è una categoria intermedia.
La coscienza linguistica dei parlanti riconosce una parola straniera come tale grazie al contrasto di quest'ultima con le norme fonematiche: sport, transistor, humus, night ecc. Poiché per individuare i prestiti occorre una preparazione filologica, la coscienza dei parlanti non riesce a riconoscerli come elementi non autoctoni. Ad esempio, quanti sono in grado di riconoscere in parole come guancia, mangiare, ciurma un prestito linguistico?
Il contatto tra le lingue è praticamente continuo e reciproco e nessuna lingua è immune da quello che viene definito intercourse, cioè il fenomeno costante di scambio di elementi alloglotti tra le lingue. Alcune parole sono importate per l'ovvia ragione che nella lingua prestataria non esiste un termine che definisca un oggetto o un concetto nuovi. Ad es., patata, tabacco, cacao, cioccolata ecc. Un caso interessante è quello della parola guerra: benché l'italiano avesse a disposizione il bellum latino, i parlanti hanno adottato invece il prestito germanico. La spiegazione è duplice: intanto, il termine latino era foneticamente deficiente, in quanto si confondeva con l'aggettivo bellus; inoltre, guerra denotava un diverso tipo di combattere, caratteristico delle tribù germaniche.
Tuttavia, non sempre le lingue adottano parole straniere in prestito per denotare qualcosa di sconosciuto: ad es., il verbo mangiare indica un'azione universalmente conosciuta, quindi non si può pensare che mangiare sia stato introdotto in italiano per denominare qualcosa di non noto. Del resto, anche in questo caso, avevamo a disposizione manducare, sostituito per ragioni di prestigio.
I prestiti del primo gruppo sono definiti prestiti di necessità, mentre quelli del secondo prestiti di lusso. Non sfugge come siano proprio questi a dare la misura dell'influsso culturale esercitato da una lingua su un'altra. Fra i fattori che favoriscono l'assunzione di prestiti, sicuramente vi è il bilinguismo, i cui effetti sono visibili principalmente sul lessico. Infatti, le strutture morfosintattiche e fonematiche incontrano maggiori difficoltà ad entrare e affermarsi in una lingua diversa, mentre i lessemi sono di più agevole scambio. Ciononostante, non è sicuramente il lessico a denotare la tipologia linguistica: l'inglese, benché lessicalmente ricco di parole francesi, latine ecc. resta una lingua germanica.


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